Pof. Fossati – Bella battuta. Dunque, ora sappiamo che il piatto di Marco era incustodito. E gli altri, che cosa stavano facendo durante quei minuti cruciali? Simone girava intorno al tavolo, versando un cucchiaio di anatra all’arancia in ciascun piatto. Quando lo interrogai affermò che era concentrato nel suo compito, per cui non ricordava chi fosse presente e chi no, ma noi sappiamo che avrebbe avuto l’occasione di versare la fiala nel piatto della vittima. Giuditta era andata in dispensa a prendere una bottiglia di vino, Giovanna e Sabrina stavano cincischiando al cellulare e non videro nulla. Carlotta disse di essere uscita dalla stanza per andare alla toilette. Clotilde affermò di aver visto Claudia alzarsi per andare ai fornelli a controllare la sua anatra, che era ancora sul fuoco, e camminare rasente al piatto della vittima in quei fatidici momenti.
Alunno – E Clotilde che cosa fece?
Prof. Fossati – Rimase sempre seduta al suo posto.
Alunna – Dunque l’assassina è Claudia.
Prof. Fossati – Così sembrava, finché la titolare non mi parlò dello scambio di piatti.
Alunna – Che vuol dire?
Prof. Fossati – Quando parlammo dell’organizzazione del corso, lei mi disse che ogni partecipante aveva un tegame e un piatto di colore diverso, per distinguerli tra loro: Simone aveva il tegame e il piatto gialli, Giuditta bianchi e Marco, la vittima blu. Ma quando tornò, dopo aver fumato la sigaretta, Marco, per sbaglio o per noncuranza, sedette al posto di Giuditta, davanti al piatto bianco, che conteneva il veleno.
Alunno – Dunque il cianuro in realtà era destinato a Giuditta.
Prof. Fossati – Così sembrava, ma, in questo caso, bisognava capire chi, tra i presenti, avesse motivo di uccidere Giuditta.
Alunna – Claudia, che aveva una relazione con la vittima.
Prof. Fossati – Così parve all’inizio: Claudia era l’unica ad avere un movente, oltre all’occasione. I rapporti di Giuditta con la figlia erano buoni, a parte le divergenze a proposito di Marco, e gli altri non avevano rapporti con lei all’infuori della scuola di cucina. Ma non ci fermammo alle apparenze e, interrogando i condomini, venimmo a sapere che Clotilde si lamentava con tutti da mesi della scuola.
Alunna – Perché? Che fastidio le dava?
Prof. Fossati – A quanto pare, molto. Non sopportava il viavai di gente, ma soprattutto i fumi e gli odori, che dilagavano sul pianerottolo e invadevano il suo alloggio. Si era lamentata durante le riunioni condominiali, aveva inoltrato un esposto all’amministratore, cercando di ottenere altre firme per far chiudere l’attività e alla fine si era rivolta a un avvocato per intentarle causa. Proprio per cercare di rabbonirla Giuditta le offrì un corso gratuito.
Alunna – E lei accetto!
Prof. Fossati – Sì, accettò, ma soltanto per avere l’occasione di somministrarle il veleno.
Alunno – Quindi confessò, alla fine.
Prof. Fossati – Riuscimmo ad ottenere un mandato di perquisizione e scoprimmo che la signora aveva trasformato il terrazzo in una veranda e vi coltivava molte piante, tra cui parecchie euphorbiae.
Alunna – Ma dall’euphorbia non si estrae il cianuro?
Prof. Fossati – Brava, è proprio così. E infatti nell’appartamento trovammo dei distillatori per ricavare le essenze dalle foglie e dai fiori.
Alunno – Dunque fu la prova decisiva!
Prof. Fossati – La signora spiegò che faceva l’erborista di mestiere e produceva lei stessa alcuni dei prodotti che vendeva. Prelevammo tutte le boccette di essenze che aveva distillato per esaminarle e ne trovammo alcune di cianuro. A quel punto confessò.
Alunna – Perciò quel poveretto ci lasciò la pelle per sbaglio.
Prof. Fossati – Eh, sì. E per ironia della sorte il caso fece molta pubblicità alla scuola di cucina, tanto che non solo ha continuato a funzionare alla grande, ma Giuditta ha anche aperto un ristorante che si chiama “L’anatra al cianuro”, con degustazione gratuita di anatra all’arancia ogni venerdì sera.